Diritti fondamentali, diritti calpestati
La mia collaborazione con il Centro Astalli è iniziata, quasi per caso, nel 2001, dopo aver dichiarato la mia disponibilità all’Ufficio Gratuito Patrocinio del T.A.R. del Lazio ad assumere la difesa di persone prive della possibilità economica di procurarsi un avvocato per difendere le proprie ragioni. Pochi giorni dopo ho ricevuto una telefonata da parte di uno degli operatori del Centro Astalli, che mi sottoponeva il caso di un cittadino straniero a cui era stato negato lo status di rifugiato dalla commissione a ciò preposta. È così iniziata un’esperienza molto gratificante sia umanamente che professionalmente, attraverso la quale ho potuto comprendere, forse per la prima volta appieno, quali siano le reali e drammatiche condizioni delle persone costrette a lasciare il proprio contesto sociale e familiare per fuggire da realtà economiche e sociali difficili e, troppo spesso, da guerre di cui a noi non arriva alcuna notizia.
In quella specifica circostanza il mio assistito era un giovane etiope, appena ventenne, fuggito dalla sanguinosa guerra tra il suo Paese e l’Eritrea, che lui si era rifiutato di combattere. La sua espulsione dall’Italia e il suo ritorno in Etiopia avrebbe significato per lui una sicura condanna a morte. Avvertii immediatamente il peso della responsabilità affidatami; responsabilità per la sua sorte e per la sua stessa vita. In questa occasione tanto delicata e drammatica, ho potuto sperimentare quanto sia mille volte più difficile (e a volte disperante) difendere una persona straniera che un nostro connazionale.
Le difficoltà sono dovute, certamente, ad una evoluzione legislativa sempre più sfavorevole al fenomeno dell’immigrazione, oramai considerata dal legislatore nazionale più come un problema di ordine pubblico che come una occasione di solidarietà. Inoltre ho potuto constatare che di questo clima di generale diffidenza coinvolge gli organi delle Amministrazioni Pubbliche competenti ad occuparsi della posizione degli stranieri in Italia, e purtroppo, in qualche circostanza, anche quelli giurisdizionali chiamati a decidere le relative controversie.
Le difficoltà iniziavano fin dal momento dell’istanza per l’ammissione dello straniero al gratuito patrocinio. Specialmente all’inizio della mia esperienza, la commissione deputata ad esaminare le istanze tendeva a negare il beneficio del gratuito patrocinio, oppure a concederlo con grande ritardo, con la conseguenza che lo straniero non abbiente non poteva esercitare il proprio diritto (costituzionalmente garantito) a difendersi in giudizio, o poteva esercitarlo con notevole ritardo rispetto alle proprie esigenze. Un ritardo che pregiudicava esigenze che non possono che definirsi primarie.
Avv. Aureliana Pera