Attivo sul territorio dal 1999, il Centro Astalli Catania è un punto di riferimento per i migranti presenti in città, in grado di rispondere alle prime necessità di chi arriva dopo aver rischiato la vita in mare.
Al front office, i volontari forniscono informazioni sui servizi del territorio: dove poter mangiare, ricevere vestiti, usufruire di posti letto, avere accesso alle cure mediche e frequentare corsi professionalizzanti. È attivo un servizio di posta che dà a richiedenti asilo e rifugiati la possibilità di far pervenire all’indirizzo dell’Associazione la corrispondenza personale. Si tratta di un indirizzo che, seppur virtuale, rappresenta la condizione necessaria per avviare e seguire tutte le pratiche relative al permesso di soggiorno e per vedersi riconosciuti i diritti collegati alla residenza. Lo sportello legale offre orientamento, primo ascolto e accompagnamento a richiedenti asilo, titolari di protezione e minori stranieri non accompagnati e garantisce assistenza per i ricorsi con gratuito patrocinio. In particolare, molti titolari di protezione umanitaria hanno chiesto di essere supportati nella procedura di conversione del loro permesso in uno per motivi di lavoro.
Con lo scoppio della pandemia molti dei servizi sono stati rimodulati, tra questi l’ambulatorio medico, lo sportello lavoro e la scuola di italiano.
È proseguita l’assistenza ai detenuti stranieri nella Casa Circon-dariale di Catania “Piazza Lanza”, a Bicocca Alta Sicurezza e nell’Istituto Minorile di Bicocca, dove i volontari si sono occupati di gestire i contatti di 76 persone (66 uomini e 10 donne) con i familiari lontani e con i legali, all’occorrenza facendosi portavoce delle loro istanze presso l’Amministrazione penitenziaria. Per far fronte alle difficoltà materiali che molti migranti in detenzione hanno nel reperire beni di prima necessità, il “banco vestiario” distribuisce indumenti e biancheria. Inoltre, grazie al servizio di biblioteca, i detenuti hanno avuto la possibilità di usufruire di libri in inglese, francese, spagnolo, compresi testi sacri quali il Corano in lingua araba e Bibbie in inglese e francese, e di parte-ipare a gruppi di lettura.
CONTATTACI
Catania – Centro Astalli
Via Tezzano 71 – 95131 Catania
Tel. 095 535064
www.centroastallicatania.it
[email protected]
Presidente: Riccardo Campochiaro
Vicepresidente: Francesca Verzì
Coordinamento: Francesca Di Giorgio
operatori: 6
volontari: 72
Testimonianze
Il Centro Astalli entra in carcere
Tutto è iniziato per “caso” a febbraio del 2004: una mia amica, vice-direttrice dell’Istituto Penale Minorile di Bicocca, sapendomi volontaria del Centro Astalli, mi parla dell’estrema solitudine dei ragazzi immigrati detenuti, delle difficoltà enormi di integrazione e di inserimento nei programmi educativi, dell’impossibilità di effettuare colloqui coi familiari, dell’isolamento a cui spesso sono costretti per evitare episodi di razzismo.
Mi sottopone il caso di Hicham, giovanissimo marocchino che ha appena tentato di suicidarsi: è in cella di isolamento, rifiuta il cibo e qualsiasi colloquio con psichiatra, psicologa ed educatori, passa tutto il giorno prostrato a pregare. Fratel Francesco Accurso ed io iniziamo con grande entusiasmo questo cammino che si rivela subito straordinario: i ragazzi del carcere si aprono con noi, prendono confidenza, ci aspettano con trepidazione, ci chiedono tutto quello che chiederebbero alla loro mamma: consigli, sigarette, cioccolata, riviste di moto, magliette, biancheria… le cose più disparate. Contattiamo un imam, lo portiamo da Hicham, gli regaliamo un tappetino per pregare, telefoniamo alla sua famiglia. Riallacciamo il filo di un difficile rapporto familiare spezzato. Intanto alcuni ragazzi rom ci fanno “accurate lezioni di borseggio”, altri ci regalano deliziosi disegni o oggetti di terracotta, procuriamo loro una famiglia dove poter trascorrere il Natale, li seguiamo anche e soprattutto quando “escono” nel tentativo di non farli ri-immettere nel circuito malavitoso.
Dopo qualche mese mi arriva una lettera dalla Casa Circondariale di Piazza Lanza scritta da Sonia, una detenuta tunisina. Mi dice di essere sola al mondo, di avere già fatto due anni di carcere difficilissimi, di avere estremo bisogno di aiuto e conforto senza i quali non se la sente più di andare avanti. Grazie ad una volontaria del Centro Astalli che è magistrato, riesco ad ottenere un permesso per un colloquio. Prima di incontrarla mi ricevono il direttore dell’area educativa e una psicologa che mi fanno un quadro della situazione assolutamente drammatico. La detenuta compie continui atti di autolesionismo, ha avuto bruttissime crisi di astinenza, assume psicofarmaci ed è un elemento difficilissimo. Finalmente la incontro: è uno “zombie”, imbottita di sonniferi, piena di tagli lunghissimi malamente ricuciti. Ha la lingua così impastata che non riesco neanche a capire cosa mi dice. Ha una protesi dentaria rotta che le balla in bocca, le mani gonfissime con unghie talmente lunghe e sporche da testimoniare inequivocabilmente che non fa assolutamente nulla tutto il giorno. Dopo quell’incontro, si fa forte il desiderio di iniziare il servizio anche dentro quel carcere. Così, con fratel Francesco formiamo un gruppetto e chiediamo di diventare assistenti volontari. Ormai seguiamo stabilmente tutti i detenuti stranieri che si susseguono a piazza Lanza (mediamente 30) teniamo i rapporti con le loro famiglie, con i loro avvocati, con i magistrati di sorveglianza, con gli educatori.
Infine, pochi mesi fa mi telefona inaspettatamente il Direttore del carcere di Alta Sicurezza di Bicocca per chiedere la nostra collaborazione con i detenuti stranieri di quell’Istituto. Da qualche settimana fratel Francesco ed io incontriamo anche 15 detenuti di Alta Sicurezza che fanno parte ormai della nostra “famiglia”.
Dimenticavo: adesso Sonia vive in una casa famiglia, è libera dalle 7 alle 21, non prende da tempo alcun farmaco, viene quotidianamente al Centro Astalli a fare volontariato, ride, cucina couscous per tutti e presto avrà nuovi denti bellissimi. Hicham invece è tornato in Marocco, studia, mi scrive lettere commoventi che conservo come una reliquia e mi fa scrivere anche dalla sua mamma, ovviamente in arabo, ma tanto c’è Abdul che traduce tra una lacrima e l’altra.
Elvira Iovino