Per capire chi può usufruire del diritto d’asilo, occorre conoscere una terminologia che troppo spesso è male utilizzata. Ecco alcune parole essenziali per comprendere meglio il tema del diritto d’asilo.
Apolide: persona a cui nessuno Stato riconosce la cittadinanza: letteralmente, “senza patria”.
Richiedente Asilo: colui che, avendo lasciato il proprio Paese d’origine, non può o non intende avvalersi della protezione di quello Stato e, trovandosi in un altro Paese, inoltra richiesta di protezione al governo del Paese che lo ospita.
La sua domanda viene esaminata in Italia dalle Commissioni territoriali esaminatrici (collegate e coordinate dalla Commissione Nazionale): fino al momento della decisione in merito alla domanda egli è un richiedente asilo.
Rifugiato: il rifugiato è il richiedente asilo a cui viene accordata la protezione dello Stato che lo ospita quando si accerta che è stato costretto a lasciare il proprio Paese a causa di persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche. Questa definizione, introdotta dall’articolo 1 della Convenzione di Ginevra, è stata ripresa dalla legge di attuazione n. 772 del 1954 nel sistema giuridico italiano. A differenza del migrante, egli non ha scelta: non può tornare nel proprio Paese perché teme di subire persecuzioni o per la sua stessa vita.
Sfollato interno: spesso usato come traduzione dell’espressione inglese Internally displaced person (IDP). Per sfollato si intende colui che abbandona la propria abitazione per gli stessi motivi del rifugiato, ma non oltrepassa un confine internazionale, restando dunque all’interno dei proprio Paese.
In altri contesti, si parla genericamente di sfollato come di chi fugge, anche a causa di catastrofi naturali.
Protezione sussidiaria: protezione accordata dalla Commissione territoriale a chi, pur non avendo i requisiti per essere riconosciuto rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra, è considerato meritevole di protezione poiché sussistono fondati motivi per ritenere che se tornasse nel suo Paese correrebbe il rischio di subire un danno grave e per questo non vuole o non può tornarvi. Il riconoscimento viene effettuato ai sensi del D.lgs. 251/07 e del D.Lgs. 25/08.
Protezione umanitaria: permesso di soggiorno generalmente rilasciato dalle Questure dietro raccomandazione delle Commissioni Territoriali, quando – a seguito di esito negativo della domanda di asilo (nei casi in cui non sussistano le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra) – si riscontra che sarebbe comunque pericoloso per la persona il rientro nel Paese di origine. Il titolo viene rilasciato sulla base del principio di non-refoulement (non respingimento) sancito dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra, ripreso dall’art. 19 del Testo Unico sull’immigrazione (D.lgs. 286/98), e dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Il soggiorno per motivi umanitari può essere rilasciato anche direttamente dalle Questure sulla base del combinato disposto dall’art. 5, comma 6, art. 19 del D.lgs. 286/98 ed art. 28 del regolamento attuativo 394/99 punto D, che non è stato modificato dalla normativa.
Protezione temporanea: viene rilasciata nelle situazione di emergenza umanitaria sulla base di un DPCM emanato in ottemperanza all’art. 20, comma 1 del D.lgs. 286/98. Viene concessa non sulla base della valutazione di singole situazioni individuali ma ad un gruppo omogeneo di persone provenienti da uno stesso Paese o area geografica a causa degli sconvolgimenti generalmente bellici in atto. L’art. 20 recita: “con DPCM, (…) sono stabilite, (…), le misure di protezione temporanea da adottarsi, anche in deroga a disposizioni del presente Testo Unico, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in paesi non appartenenti all’Unione Europea”. Il permesso ha una validità limitata nel tempo decisa dallo stesso DPCM e prorogabile solo sulla base di un nuovo Decreto che terrà conto del perdurare della situazione di pericolo per le persone in quel Paese o area. Titolari di tale protezione sono stati i cittadini kosovari, ma ancor prima i cittadini albanesi, della Bosnia-Erzegovina e della Somalia.
Profugo: termine generico che indica chi lascia il proprio Paese a causa di guerre, persecuzioni o catastrofi naturali.
Minore straniero non accompagnato: i minori stranieri non accompagnati sono ragazzi con meno di 18 anni di età, senza genitori e non accuditi da alcun adulto responsabile per legge o convenzione. I minori non accompagnati possono chiedere asilo ed essere quindi riconosciuti rifugiati.
Migrante irregolare: chi, per qualsiasi ragione, entra senza regolari documenti di viaggio in un altro Paese. Molte persone in fuga da guerre e persecuzioni, impossibilitate a chiedere al proprio governo il rilascio di tali documenti, giungono in modo irregolare nel Paese in cui poi inoltrano domanda d’asilo. I migranti irregolari spesso in modo dispregiativo vengono chiamati “clandestini”.
Migrante: termine generico che indica chi sceglie di lasciare il proprio Paese per stabilirsi, temporaneamente o definitivamente, in un altro. Tale decisione, che ha carattere volontario anche se spesso è indotta da misere condizioni di vita, dipende generalmente da ragioni economiche, avviene cioè quando una persona cerca in un altro Paese un lavoro e migliori condizioni di vita.
Extracomunitario: persona non cittadina di uno dei ventotto paesi che attualmente compongono l’Unione Europea, ad esempio uno svizzero.